SCHEDA DI SINTESI

PIANO DAL TITOLO “ APPEN.BIO : DALL’APPENNINO CIBO PER LA SALUTE”

PSR 2014-2020 – MISURA 16 -TIPO DI OPERAZIONE 16.1.01 “GRUPPI OPERATIVI DEL PEI PER LA PRODUTTIVITÀ E LA SOSTENIBILITÀ DELL’AGRICOLTURA”, SOTTOMISURA 16.1 “SOSTEGNO PER LA COSTITUZIONE E LA GESTIONE DEI GRUPPI OPERATIVI DEL PEI IN MATERIA DI PRODUTTIVITÀ E SOSTENIBILITÀ DELL’AGRICOLTURA

FOCUS AREA 2° – PIANO DEL GRUPPO OPERATIVO : APPEN.BIO

 

CAPOFILA “ALCE NERO SPA”

ALTRI MEMBRI DEL G.O.:

• ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA – Dip. Sc. Agrarie (membro effettivo)
• ARTEMIS SRL (membro effettivo)
• G.A.L. APPENNINO BOLOGNESE S.C.A R.L. (membro associato)
• LA CARTIERA DEI BENANDANTI S.S. SOCIETA’ AGRICOLA (membro effettivo)
• AZIENDA AGRICOLA MORARA ANDREA (membro effettivo)
• AZIENDA AGRICOLA SAN GIULIANO DI FRATTINI FEDERICA (membro effettivo)

OBBIETTIVI

Obbiettivo Generale:
-redditività aziende agricole e valorizzazione dei territori dell’Appennino Bolognese pe loro possibile produttività di tipo salutistica.

Obbiettivi Specifico:
– scelta di varietà, cultivar e tecniche produttive e di allevamento che rispondono non più soltanto alle esigenze nutrizionali ma soprattutto a quelle della salute.
– costruire un modello imprenditoriale di agricoltura e di allevamento equilibrato e riproducibile
– trasferimento e la divulgazione delle nuove pratiche sperimentate.

Risultati:
– innovative tecniche d’allevamento e alimentazione bovina.
– modello imprenditoriale innovativo di start up agricola che applichi in azienda le innovazione del Piano (nuove linee guida per la coltivazione di “miscugli innovativi”.
– varietà multilinea.
– di cereali di antica costituzione e per l’allevamento da pascolo di bovini da latte).
– produrre uno speciale “cibo della salute” proprio dei territori dell’Appennino Bolognese e che abbia proprietà fortemente anti infiammatorie sul corpo umano.
– trasferimento del modello APPEN.BIO.
– impiego dei risultati del Piano in Progetti di sviluppo futuri.

CONTENUTO DEL LAVORO

ESERCIZIO DELLA COOPERAZIONE

Alla Capofila ALCE NERO vengono pertanto attribuiti i seguenti poteri e compiti:

– Direzione e coordinamento del GO;
– Presentazione della domanda di contributo in risposta al Bando;
– Attività di mediazione e comunicazione unitaria nei rapporti con la Regione EmiliaRomagna.
– Seguire gli aspetti tecnico-amministrativi del progetto;
– Convocare il Comitato Tecnico Gestionale per ogni necessità decisionale;
– Collaborare col Coordinamento Scientifico e agli studi necessari alla realizzazione del Piano;

Il Capofila si avvarrà a tale scopo, di un COMITATO SCIENTIFICO del Piano e di un COMITATO TECNICO GESTIONALE. Il COMITATO SCIENTIFICO è composto da un responsabile tecnico-scientifico nominato da ciascun partner effettivo e associato e coordinato dalla Direzione tecnico scientifica nominato dal Capofila. Il Comitato scientifico si riunirà periodicamente con l’obiettivo di monitorare e supervisionare il perseguimento degli obiettivi previsti dal Piano ed apportare eventuali correttivi dovessero risultare necessari per il raggiungimento degli stessi.

Il COMITATO TECNICO GESTIONALE è composto da un referente nominato da ciascun partner effettivo e coordinato dal referente nominato dal Capofila Alce Nero. Il comitato tecnico gestionale si riunirà periodicamente con l’obiettivo di monitorare l’andamento della spesa e di coordinare la raccolta della documentazione necessaria per le rendicontazioni dei costi sostenuti. In sintesi costituisce l’organo tramite cui la Capofila ALCE NERO controlla l’avanzamento del progetto ed in particolare ha il compito di esaminare i rendiconti e redigere rapporti annuali.

I dati di progetto rilevati dal COMITATO TECNICO GESTIONALE sono di tre tipi:

• fisici (numero di attività svolte, tempi di realizzazione, numero di deliverables rilasciati, tempi di rilascio dei deliverables, criticità, ecc.);
• finanziari (costi sostenuti dal progetto nel periodo scorporati per voci di costo, costi sostenuti dai partner di progetto, ecc.)
• scientifici (dati sui principali risultati raggiunti dal progetto in termini di contributi all’innovazione e in termini di ricadute del progetto).

I dati sono rilevati con scansione semestrale a partire dalla data di inizio del progetto.

1. STUDI NECESSARI ALLA REALIZZAZIONE DEL PIANO (DI MERCATO, DI FATTIBILITÀ, PIANI AZIENDALI, ECC.):

Si prevede la realizzazione di un’analisi organizzativa finalizzata a ottimizzare flussi di beni e informazioni ed a pianificare l’attività organizzativa e logistica; nello specifico si prevede la realizzazione di uno studio volto a valutare la fattibilità di trasferimento dei risultati del Piano alle imprese agricole coinvolte e relativo impatto sul mercato.

Si agisce pertanto in una fase preliminare (ex ante) e successivamente in due momenti (in itinere) assegnando alla valutazione un ruolo cruciale per il successo delle azioni successive, con l’intento di inserirle organicamente nel Progetto.

Tale studio di fattibilità sarà uno strumento conoscitivo utile a supportare le valutazioni relative all´opportunità di adottare le scelte d’innovazione individuate nel piano del GO. Sulla base dei contenuti di studio sarà possibile fare una prima verifica tecnica di realizzabilità dal punto di vista organizzativo-gestionale sulle strutture coinvolte.

Dal punto di vista contenutistico, in generale, oggetto dello studio è la rilevazione e l´analisi dei seguenti aspetti:

– definizione dei prerequisiti necessari al successo del progetto;
– definizione dei punti di attenzione
– criticità e rischi;
– assetti organizzativi delle realtà (dimensione, territorio, articolazione della struttura e dei livelli di responsabilità, dotazione organica, .ecc.);
– definizione le milestones ed i punti di controllo.
– funzioni e servizi: linee di attività, attuali forme di gestione, personale assegnato, indicatori di prodotto e di processo, livello di informatizzazione.

A conclusione dell´analisi, lo studio di fattibilità consente di:

• avere una “fotografia” chiara delle caratteristiche istituzionali e funzionali dei soggetti interessati;
• focalizzare punti di attenzione in base ai quali ponderare la scelta;
• avere, in definitiva, un quadro esaustivo di elementi valutativi di natura tecnica che, insieme ad altri elementi di opportunità e fattibilità di natura economico e commerciale, supporti le scelte da adottare.

2. FOTOGRAFIA DELL’ESISTENTE SIA SUL FRONTE CEREALI CHE LATTE

L’azione prevede le seguenti attività:

i. Breeding evolutivo di cereali (frumento tenero e farro): messa a punto/definizione di “miscugli innovativi” (popolazioni evolutive) ottenuti dall’unione di genotipi differenti della stessa coltura, che per le loro caratteristiche di elevata variabilità, sono potenzialmente in grado di adattarsi all’ambiente pedo climatico di coltivazione (ovvero l’Appennino emiliano). I genotipi che meglio si prestano a tale processo di miglioramento evolutivo sono quelli di antica costituzione, non soggetti a ripetuti programmi di miglioramento genetico e quindi dotati di un’ampia variabilità genetica. Si tratta inoltre di genotipi con habitus non nano, meglio rispondenti agli schemi produttivi (letamazione, rotazione colturale) tipici dell’agricoltura biologica. Per il farro i miscugli di partenza (collezione disponibile presso il DiPSA-UNIBO) consistono di pool genici segreganti (prima generazione F2) già selezionati in una fase preliminare per buone caratteristiche agronomiche e proprietà salutistiche della granella (capacità antiossidante e profilo infiammatorio). Per quanto riguarda il frumento tenero, è utilizzato il miscuglio varietale “VIRGO” (costituito da 5 varietà di vecchia costituzione Andriolo, Inallettabile, Verna, Gentil Rosso e Frassineto) selezionato nell’ambito di un precedente progetto di ricerca coordinato dal Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna. Le varietà multilinea di frumento tenero e farro si prevede di allevarle per tre anni consecutivi presso le aziende identificate nel territorio dell’Appennino emiliano in regime di coltivazione biologica. Al fine di creare un ambiente ottimale per l’adattamento evolutivo dei miscugli varietali, per ciascuna azienda si prevede la predisposizione di un piano di rotazioni colturali nei 3 anni, su 3 appezzamenti di almeno 5000 m2. Tutte le superfici destinate alla coltivazione dei frumenti sono precedute da sovesci di leguminose e/o colture da rinnovo (da concordare con l’azienda in accordo agli specifici obiettivi aziendali). Al termine di questa attività verranno individuate delle linee guida di corretta coltivazione del miscuglio, della sua conservazione e delle sue prime trasformazioni (farine).

ii. Valutazione del latte da fieno e da cereali, differenza qualitativa e di lavorazione dei sottoprodotti per delineare:
o le caratteristiche produttive dell’animale;
o le caratteristiche produttive degli alimenti /dei prodotti alimentari.
Si prevede, infine, la definizione di linee guida per la produzione di latte da pascolo di montagna e per la sua trasformazione nei suoi primi derivati (yogurt). Volendo “puntare” alla produzione di un latte che non abbia effetti negativi ma positivi sulle salute umana è necessario individuarli e verificare se con le tecniche d’allevamento e la nutrizione è possibile modularli. Ricerche precedenti hanno individuato nell’IGF-1 e negli ormoni sessuali femminili due componenti negative per la salute umana. Nell’allevamento industriale e nelle selezione genetica delle bovine da latte si ha come primario obiettivo che questi due sistemi ormonali siano nella bovina i più alti possibili perché legati alla fertilità. La produzione di latte nei mammiferi è fisiologicamente più alta nelle prime settimane dopo il parto. Pertanto per aumentare la 4 produttività di un allevamento è fondamentale che le bovine rimangano gravide precocemente per aumentare così in allevamento la frequenza dei parti. Per fare questo ci deve essere una precoce ripresa dell’attività ovarica dopo il parto e ciò è condizionato dalla capacità del fegato di produrre IGF-1 e dei follicoli ovarici estrogeni e progesterone. Nel voler “puntare” ad un latte con il minor contenuto possibile di questi ormoni della fertilità è necessario valutarne la concentrazione in bovine di razza frisona allevate negli allevamenti intensivi campionando il latte, ad intervalli da stabilire, durante tutta la lattazione. Questo per avere un criterio di “normalità”. Relativamente alla presenza di acidi grassi poli-instauri omega-3 come il CLA ma anche solo il C18:3 la bibliografia è ricca d’informazioni sulla loro concentrazione nel latte e sugli importanti effetti positivi sulla salute umana. Come antinfiammatori e “insulin sensitizer”. E’ molto semplice con la nutrizione della bovine aumentarne la concentrazione nel latte.

3. SPERIMENTAZIONE: ANALISI IN CAMPO E ANALISI IN ALLEVAMENTO/ LABORATORIO

La sperimentazione viene preceduta e accompagnata dalla formazione delle aziende, rispettivamente da parte di un agronomo e di un veterinario, che hanno il compito di affiancarle per la corretta implementazione delle linee guida. La sperimentazione è realizzata nelle tre aziende agricole coinvolte nel Piano ed aderenti al GO, localizzate nei Territori dell’Appennino Bolognese, e che rispecchiano le caratteristiche di partenza per le produzioni cerealicole e per l’allevamento di bovini da latte.

L’azione prevede le seguenti attività:

i. Rilievi in campo e analisi (cereali). Durante lo svolgimento delle prove di pieno campo, l’azienda provvede:

– alla raccolta dei dati meteorologici al fine di correlare i principali parametri produttivi con i fattori dell’ambiente;
– al rilievo delle varie fasi fenologiche del materiale in coltivazione. Tali dati verranno utilizzati per valutare l’evoluzione e la dinamica dei vari gradi maturazione dei miscugli varietali;
– alla compilazione di un quaderno di campagna in cui verranno segnate tutte le soluzioni agronomiche adottate durante le diverse fasi di allevamento in biologico: lavorazioni del terreno, concimazioni, modalità e tecniche di semina, concimazioni, eventuali trattamenti di controllo delle fitopatie, tempi e modalità di raccolta.

Durante le fasi di allevamento in pieno campo sono effettuate valutazioni fitopatologiche (a cura della U.R. UNIBO) allo scopo di valutare il comportamento del materiale coltivato ai più comuni patogeni fungini del frumento. In dettaglio si eseguono rilievi in coincidenza con la fase fenologica di maturazione latteo-cerosa per valutare la presenza di spighe affette da fusariosi sia in termini di gravità di malattia (% di spighette infette sulla spiga in base alla scala di valutazione di Horsfall-Barrett) che di incidenza (% di spighe infette per cultivar). Il 2° rilievo, effettuato in fase di raccolta, valuta la gravità di malattia da relazionare alla sensibilità delle diverse varietà oggetto di studio. Inoltre il contenuto totale in micotossine (DON e altri tricoteceni) nelle cariossidi e nei relativi sfarinati è determinato utilizzando kit immunoenzimatici ELISA. I campioni di seme prelevati da ogni appezzamento sono inoltre sottoposti ad analisi per verificare il contenuto di proteine, di glutine, la qualità delle farine (alveografo), il contenuto in metaboliti secondari (polifenoli, fibre, flavonoidi, attività antiradicalica ecc.) e in elementi minerali.

ii. Rilievi in campo e analisi (comparto lattiero-caseario)

Negli allevamenti coinvolti dall’azione di messa a punto del modello oggetto del presente progetto si prevede la creazione di condizioni d’allevamento che rispettino la complessa e profondamente diversa dall’uomo etologia della vacca da latte. Inoltre, si ipotizza di verificare quale razza è stata scelta per produrre latte in quanto la frisona poco si adatta a tecniche di allevamento e nutrizione “tradizionali”. Contestualmente si prevede di realizzare prove di campo “dose-risposta” per “titolare” il CLA a seguito di piani alimentari opportunamente approntati, basati sul pascolamento su prati permanente e nelle stagioni dove non è possibile sul fieno prodotto dai medesimi erbai. La nutrizione di base dovrà valorizzare il consumo dei cereali e dei legumi prodotti in queste condizioni pedo-climatiche (orzo, grano, avena, pisello proteico e favino) puntando ad una riduzione, fino all’eliminazione del mais e della soia. 5 La produzione di latte biologica, il puntare al non uso della soia e del mais e degli insilati e l’abbandono della razza frisona comporta una riduzione della produzione di latte pro-capite e quindi necessita di una remunerazione superiore per ogni kg di latte. Nell’ipotesi poi di puntare alla riduzione dell’IGF-1, degli estrogeni e del progesterone nel latte l’aspetto economico diventa ancora più importante. Per ridurre questi ormoni nel latte va ridotta la concentrazione proteica delle razioni e interrotta la produzione subito dopo l’instaurarsi della gravidanza. Questo aspetto è valutato nel corso del progetto nell’ottica di garantire in ogni caso all’azienda una sostenibilità economica in equilibrio con la produzione di alimenti salutistici e di qualità.

4. ARMONIZZAZIONE DELLE LINEE GUIDA E STESURA DEL MODELLO “APPEN.BIO” che conterrà le procedure da seguire nello svolgimento delle varie attività.

PIANO DIVULGAZIONE DI TRASFERIMENTO DEI RISULTATI E IMPLEMENTAZIONE DELLA RETE PEI

L’attività di divulgazione e di trasferimento sarà finalizzata a colmare il classico divario fra i risultati della ricerca scientifica e la loro trasposizione in pratiche agricole innovative. Tra gli strumenti di diffusione si ipotizza l’uso di materiale informativo e divulgativo e comunicazione via rete.

Si prevede infatti la realizzazione delle seguenti attività:

a) Attività di ufficio stampa per il progetto APPEN.BIO comprensivo di realizzazione della cartella stampa, di n.3-5 comunicati stampa, divulgazione delle notizie alla stampa specializzata del settore;
b) Realizzazione di abstract periodici (da 3 a 5 nel corso della durata del progetto) nel sistema informativo EIP-AGRI (https://ec.europa.eu/eip/agriculture/en) con la creazione di un account dedicato;
c) Organizzazione di n.2 seminari divulgativi con relative visite guidate agli impianti di sperimentazione rivolti agli agricoltori e ai ricercatori del settore italiani ed europei;
d) Organizzazione di n.1 convegno divulgativo internazionale in collaborazione con l’Università di Bologna per la presentazione dei risultati della sperimentazione;
e) Materiale divulgativo (tecnico e informativo);
f) Realizzazione di un E-book riassuntivo della sperimentazione effettuata;
g) implementazione di uno spazio nel sito Istituzionale di Alce Nero.

A livello locale, invece, la diffusione di queste pratiche presso gli agricoltori ed allevatori del territorio appenninico è realizzata, inoltre, presso canali commercializzazione per far conoscere queste nuove produzioni. Destinatari principali sono i mercati vicini e diretti da creare, la valorizzazione di siti lungo le diverse vallate appenniniche meglio predisposte a rappresentare prodotti e produttori differenti, le mense di scuole ed ospedali, individuando nei bambini i primi destinatari di questi cibi, le vendite con consegna diretta ai consumatori, fino ad una loro valorizzazione nei punti della moderna distribuzione. Il prodotto è un messaggero di un territorio , di una modalità produttiva equilibrata e protettiva dell’ambiente della terra e degli animali coinvolti. Infine di una impresa agricola che ha come centro la salute dei destinatari dei propri prodotti insieme alla valorizzazione dei propri luoghi d’origine. La rete commerciale rionale/locale, istituzionale e di prodotto trade per la diffusione dei risultati del Piano, rappresenta un punto di partenza per futuri progetti, utilizzando un approccio follow-up, per lo sviluppo di innovative tecniche di distribuzione e commercializzazione delle nuove produzioni allo scopo di giungere ad un modello imprenditoriale che coinvolga tutte le fasi della filiera: coltivazione, alimentazione e allevamento, distribuzione e commercializzazione. Il GAL Bologna Appennino è coinvolto nella definizione e realizzazione del programma di divulgazione, mediante incontri, tavoli tecnici, workshop e sportelli informativi presso le sedi del GAL, in linea con la sua attività istituzionale. Si tratta dunque di attività di animazione realizzate attraverso strumenti differenti che consentono al GAL di costruire un’azione di sistema favorendo il coordinamento tra soggetti diversi e la messa a sistema delle progettualità esistenti. E’ un azione che può essere considerata come valorizzatrice del capitale sociale esistente rispetto ad obiettivi strategici puntuali.

ATTIVITÀ DI FORMAZIONE

1. Titolo: Tecniche di coltivazione di frumento tenero e farro nell’Appennino bolognese per la produzione di sfarinati ad alto valore salutistico.
Durata 32 Tipologia COACHING

2. Titolo: Tecniche di allevamento dei bovini da latte nell’Appennino bolognese per la produzione di latte biologico ad alto valore nutrizionale e salutistico.
Durata 32 Tipologia COACHING

PIANO FINANZIARIO